Home News MICROPLASTICHE: UN PROBLEMA MACRO
Del 19-02-2022

MICROPLASTICHE: UN PROBLEMA MACRO

Forse non ricordavi che...

Fondazione Golinelli propone, in collaborazione con Legambiente e Alce Nero, il ciclo di webinar Green Life: l’urgenza di cambiare sul tema della sostenibilità ambientale. A questo proposito, forse non ricordavi che plastiche e microplastiche provocano inquinamento ambientale di proporzioni enormi e rischi notevoli per la salute.

Il contesto
L’invenzione delle materie plastiche è stata una delle più grandi conquiste dell’umanità e ha sostituito in poco più di 150 anni materiali come la ceramica e i metalli. La plastica si è dimostrata così versatile da diventare insostituibile nella quotidianità: è infatti usata ad esempio nei mezzi di trasporto, nei materiali per l’imballaggio e nella conservazione degli alimenti, in tinte e pitture resistenti, nelle protesi e nei sistemi medicali all’avanguardia.

Ma non è tutto oro ciò che luccica. Negli ultimi vent’anni le materie plastiche hanno iniziato a presentarci un conto salato, soprattutto per la loro indistruttibilità: si stima infatti che nel Mar Mediterraneo siano disperse oltre un milione di tonnellate di rifiuti plastici.

Sulla diffusione smodata delle microplastiche si stanno concentrando centinaia di studi scientifici, che ne registrano il ritrovamento sui ghiacciai delle Ande, nelle profondità degli oceani e in ogni angolo del nostro Pianeta. Altrettanto allarmante è la loro presenza negli alimenti che ogni giorno mettiamo a tavola. Ma cosa sono le microplastiche? Sono davvero pericolose?

Definizione e origine
Con il termine “microplastica” si intende un insieme di materiali che si possono trovare dispersi nell’ambiente come frammenti, con dimensioni inferiori al millimetro e fino ad alcune decine di micrometri. Sono, quindi, particelle non visibili a occhio nudo, che possono essere però identificate con un microscopio ottico.

La loro composizione può essere diversa ed è strettamente correlata con la loro origine, di tipo primario o secondario.

Le microplastiche di origine primaria si formano per usura di manufatti in plastica di grandi dimensioni, o sono prodotte a livello industriale in forma di microparticelle. Troviamo ad esempio le microfibre, che si possono staccare da un tessuto in fibra sintetica, finendo poi nello scarico della lavatrice, o la polvere di gomma, che si forma per frizione degli pneumatici con l’asfalto. A queste si affiancano le microsfere contenute nella formulazione di prodotti come dentifrici, creme esfolianti, smalti, vari tipi di vernice. 

Le microplastiche di origine secondaria si formano per degradazione dei materiali plastici dispersi nell’ambiente. Le oltre 150 milioni di tonnellate di rifiuti che si trovano nei mari e negli oceani si frantumano con il tempo e per l’azione degli agenti atmosferici, riducendosi in particelle con dimensioni inferiori al millimetro.

Quali sono i rischi per l’ambiente e per l’uomo?
La diffusione delle microparticelle nell’ambiente è un problema per gli ecosistemi e per gli esseri umani. Animali come pesci e molluschi, infatti, le confondono con il cibo, arrivando ad accumulare nel loro organismo grosse quantità di microplastiche senza riuscire a liberarsene. In questo modo, i materiali entrano nella catena alimentare e la risalgono, fino ad arrivare a noi. Si stima che una persona, nell’arco di una settimana, ingerisca una quantità di microplastiche pari al peso di una carta di credito.

A oggi, non sono chiari gli effetti che l’accumulo di queste microparticelle ha su un organismo vivente. Una volta entrate nell’organismo sono difficili da eliminare e possono essere dannose. Uno studio ha evidenziato che in alcuni animali si è verificato un effetto sulla produzione degli ormoni che determinano l’espressione sessuale. La ricerca scientifica sta cercando di capire come queste particelle interagiscano con gli organismi viventi e quali soluzioni si potrebbero adottare per limitarne la diffusione nell’ambiente.

Come risolvere il problema?
Trovare una soluzione alla diffusione delle microplastiche è complesso, soprattutto per quel che riguarda le particelle di origine secondaria.

Sull’uso di microparticolato nei cosmetici e in altri prodotti è allo studio una norma che vieti la commercializzazione di prodotti contenenti microplastiche. Sull’usura dei manufatti in plastica, invece, la ricerca sta tentando più strade: da un lato si cerca di renderli sempre più resistenti; dall’altro si stanno progettando sistemi con cui fermare le microplastiche prima che arrivino nei fiumi e nei mari. Questi sistemi di filtrazione potrebbero essere installati nei depuratori o addirittura in linea con lo scarico della lavatrice. In questo modo, si potrebbe evitare che le microfibre rilasciate dagli indumenti sintetici entrino nel circolo naturale.

Cosa si può fare, quindi, in attesa di innovazioni scientifiche e norme a tutela dell’ambiente? Come sempre, il comportamento e la responsabilità individuali possono fare la differenza. Acquistare cosmetici che non contengono microparticelle di plastica contribuisce a evitare che queste finiscano nell’ambiente. Quindi, attenzione alle etichette: se fra gli ingredienti c’è il polietilene, o altri polimeri, significa che quel cosmetico è addizionato con microplastiche. Anche scegliere con cura gli abiti, optando per le fibre naturali, può contribuire a limitare il problema. Infine, è fondamentale fare correttamente la raccolta differenziata.

A cura di Danilo Gasca, tutor scientifico di Fondazione Golinelli