“La normale sfida dell’efficienza”. Si basa su quello che dovrebbe essere un assunto dogmatico il compito di Mauro Felicori, un lungo passato da dirigente nel settore cultura del Comune di Bologna e un presente vivissimo come direttore generale della Reggia di Caserta, ospite del secondo incontro aperto al pubblico, nell’ambito della summer school Entrepreneurship in humanities al Centro Arti e Scienze Golinelli rivolta a 35 partecipanti. Una sfida che in questi anni è passata attraverso la rivoluzione Franceschini, quella riforma del 2014 che ha modificato l’organizzazione e il funzionamento dei musei statali, rendendoli molto più autonomi e separandoli dalle soprintendenze. Una sfida che, numeri alla mano, ha fatto schizzare la Reggia di Caserta fra i dieci musei statali italiani più visitati nel 2017 con un aumento del 23%.
Felicori a un pubblico di studenti che un giorno, forse, lavorerà nel settore dei beni culturali propone una radiografia schietta: “C’è un abisso fra l’attuale e la possibile gestione dei beni culturali in Italia. Vi è una pessima gestione a fronte di enormi potenzialità. Finché il bene culturale è vissuto come un costo da alimentare con la spesa pubblica non si andrà molto lontano”. L’altra strada, invece, è quella di considerare la cultura “come una industria, come un bene da far rifruttare, che produce ricchezza, intelligenza e lavoro”. Questa è la svolta: “gestire i musei statali come una impresa, come una azienda privata, offrendo nuovi strumenti legislativi come la trasformazione in fondazioni, a completamento della riforma Franceschini”.